Come rubare le caramelle ai bambini
È da un po’ che non ci occupiamo di storie what the fucking hell provenienti da quel mondo fatato e infestato da miliardari fuori di senno che è Twitter, ma quella di oggi ci farà recuperare terreno (purtroppo, si intende).
La mattina di Ognissanti, la professoressa di filosofia dell’Università di Chicago Agnes Callard ha postato questo tweet:
Beh, sappiamo tutti l’inglese: in buona sostanza, dice Callard, una «tradizione di Halloween» della loro famiglia vuole che lei prenda le caramelle faticosamente racimolate dai suoi figli in maschera e le getti via quando loro se ne vanno a dormire, kaputt.
Una tradizione assai strana da condividere col grande pubblico, intendiamoci. E poi: la filosofa scherzava? Non scherzava? La prima volta che ho letto il messaggio mi è parso evidente che fosse ironico, ma poi lettura dopo lettura ho iniziato a convincermi che forse non lo era. Insomma, boh.
Ma lasciamo da parte gli intenti, perché gli effetti sono più interessanti: centinaia, e poi migliaia, e poi decine di migliaia di persone si sono improvvisamente messe a discutere di ciò che questa donna fa la sera di Halloween coi bon bon gommosi dei suoi bambini. E non solo! Colleghi professori e studenti hanno iniziato a postare storie che la mettono in cattiva luce, tipo queste.
Qualche risposta al tweet di Callard ha osservato che comportamenti analoghi da parte dei genitori gli hanno causato disordini alimentari duri a morire; altri hanno parlato nientemeno che di «child abuse»; altri ancora (diciamolo pure: i migliori) sono andati a spulciare anni di tweet della filosofa per cercare evidenze di sottrazione indebita di glucosio infantile.
Ma più in generale, sono le proporzioni assunte dalla vicenda a risultare completamente incredibili per chi non frequenta Twitter, e insieme rivelatorie di che cosa sono, in buonissima parte, i social media oggi. Perché tutta questa gente all’improvviso ha puntato il dito su una tizia random che passava di lì, finendo per renderla il centro di un caso a cui dedicare toni da guerra mondiale per giorni interi?
Osservare in diretta lo svolgersi di vicende come quella di Agnes Callard è come entrare nel motore di una macchina impazzita, creata appositamente per bruciare il motore e rendersi ingovernabile. Beninteso, se non scherzava – oppure scherzava? Boh – la professoressa è davvero una madre stronza, e una prece per quei bambini: ma... tutte quelle accuse? Quella bile? Quella prosopopea? E che c’entrano i sindacati universitari? O con chi ha scopato? O cosa ha scritto una volta del film Joker?
È il solito discorso: quella sempiterna, avvolgente, inarrestabile follia quotidiana che prendiamo per buona, senza farci troppe domande. Un delirio distorcente che per molti chiusi al suo interno – e questo è il dettaglio che trovo più inquietante – va considerata una normalità giusta: togli i Ciucci Frizz ai tuoi figli? Aspettati conseguenze da internet. Beh, che dire? Okay.
Il troll più potente del mondo
Ecco, non so se sai (eh eh), ma Elon Musk si è comprato Twitter, si è presentato nella sua sede imbracciando un lavandino, ha dichiarato di voler licenziare metà dei dipendenti della piattaforma e poi ha prontamente iniziato a condividere brutti meme che sembrano usciti da un forum dell’alt right per difendere la sua scelta di far pagare all’utenza 8 dollari mensili per la famosa spunta blu accanto al nome (io ce l’ho da dieci anni. Mi ha mai cambiato qualcosa? No).
Insomma, sì: l’uomo è completamente pazzo. Ma ora, incidentalmente, è anche il troll più potente del mondo: dietro le sue lettere di grande tatto agli inserzionisti per implorarli di non andarsene – obiettivo che per ora sembra lontano dal venire centrato – Musk ha sposato apertamente una definizione di free speech insieme fuorviante e subdola, rendendo la di per sé nobile libertà di espressione poco più che la sua libertà di fare il bello e il cattivo tempo (il Washington Post ha parlato di una «nuova cultura di segretezza e paura» nella sede di Twitter). E ha aperto le danze del nuovo corso diffondendo una terribile fake news sull’aggressione al marito della speaker della Camera Nancy Pelosi.
Ce n’è abbastanza per prendere armi e bagagli e fare ciao ciao a Twitter, come qualcuno sta facendo. Ma non è detto che il giochino di Musk gli riesca ancora a lungo. Nel suo bell’articolo “Welcome to hell, Elon”, Nilay Patel ha scritto, rivolgendosi direttamente al folle Elon:
Puoi fare tutte le promesse sulla «libertà di parola» che desideri, ma la noiosa realtà è che dovrai comunque vietare un mucchio di parole legali se vuoi fare soldi. E quando inizierai a farlo, i tuoi nuovi inquietanti fanboy di destra si rivolteranno brutalmente contro di te.
Elon Musk è abituato a pensare a razzi che vanno su Marte e auto che si guidano da sole, ma un grande social network è un’altra cosa: significa mediare, sedersi per testimoniare di fronte al Congresso, trattare con governi dittatoriali e liberticidi, e aggiornare repentinamente le politiche di moderazione. Scontentando sempre tutti. Lui sarà pronto a farlo? Le sue aziende saranno pronte a subire i contraccolpi delle sue sortite twitteriane? Per ora ha dimostrato soltanto di avere tanto tempo da perdere, proprio come gli altri.
Altre news dal fronte
- La produzione teatrale non binaria di Romeo e Giulietta che è stata accusata di antisemitismo (non chiedermi altro);
- Negli Stati Uniti si parla di affirmative action, che mira a promuovere le quote di minoranze meno rappresentate nelle università. Ne parleremo meglio, ma intanto ecco questo op-ed pubblicato dal New York Times secondo cui gli studenti asiatici-americani di Harvard «potrebbero anche aver beneficiato del loro status razziale molto prima di presentare la domanda di iscrizione».
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