La cosa peggiore che può succederti, quando hai una newsletter su «politicamente corretto» e affini, è più o meno che a poche ore dalla tua uscita settimanale una charter school della Florida cacci la sua preside perché ha permesso che il David di Michelangelo venisse mostrato a degli studenti di 11 e 12 anni. E così eccoci qui eccezionalmente di lunedì, mi perdonerai.
Comunque: una charter school nell’ordinamento statunitense è una scuola a statuto speciale, che riceve finanziamenti sia pubblici che privati, e in generale ha meno vincoli rispetto agli istituti pubblici. Quella che ha allontanato la preside Hope Carrasquilla per la vicenda del David si chiama Tallahassee Classical School, impartisce un’educazione fondata sui classici e dalla sua fondazione – risalente a meno di tre anni fa – ha operato in stretto contatto con l’Hillsdale College.
La partnership è rilevante perché Hillsdale è l’università privata di orientamento conservatore del Michigan diventata una dichiarata fonte di ispirazione per Ron DeSantis, l’iper-reazionario dominus della Florida nell’atto di costruire – a colpi di leggi liberticide – un sistema educativo pubblico modellato a immagine e somiglianza delle ossessioni dei culture warriors di destra. Uno dei presidi di facoltà dell’Hillsdale College è Christopher Rufo, l’ideologo e attivista anti-critical theory che DeSantis ha nominato nel nuovo board del New College, l’istituto finora considerato un bastione dell’educazione di stampo progressista in Florida.
Torniamo ai fatti di cui abbiamo letto così tanto in questi giorni: tre genitori degli alunni della Tallahassee Classical School si sono lamentati ufficialmente, bontà loro, perché ai rispettivi pargoli è stata mostrata la scultura più famosa della storia dell’arte, simbolo universale del Rinascimento, eccetera, che per chi non lo sapesse (eheh) fa bella mostra dei genitali della figura mitologica scolpita da Michelangelo. Un genitore ha parlato apertamente di «pornografia» mostrata ai minori.
Qui le cose si fanno interessanti, diciamo: Barney Bishop III, il presidente del board della scuola che in tempi recentissimi aveva fatto sapere che avrebbe seguito fino alla fine del mondo Ron DeSantis nella sua lotta senza quartiere contro «tutto questo indottrinamento woke», si è piegato assai rapidamente alle lamentele di quel pugno di mamme e papà, spiegando che «i diritti dei genitori sono supremi, e ciò significa proteggere gli interessi di tutti i genitori, che si tratti di uno, 10, 20 o 50».
Il sito Slate ha poi parlato direttamente con Bishop per vederci più chiaro, e chiedergli cosa diavolo fosse successo: l’amministratore prima ha spiegato di non aver allontanato la preside per la faccenda della statua (pur senza dare altre motivazioni), poi ha cambiato rotta rivelando che il docente di storia dell’arte titolare della lezione sul David, come da regole interne alla scuola, aveva chiesto alla direttrice d’istituto di diramare una circolare sui contenuti «controversi» che sarebbero stati mostrati agli alunni, ma quest’ultima non aveva provveduto a redigerla.
Quando l’intervistatore di Slate prova a riportare il discorso sulla Terra, adducendo un semplice «non credo che la scultura sia materiale controverso», Bishop gli risponde che:
Mostrare la statua del David nella sua interezza è appropriato per certe età. Cercheremo di capire di quali età si tratta.
Ma non soltanto: Bishop parla di «enormi red flag» (riferite a quando il suddetto professore avrebbe chiesto agli studenti di non dire ai genitori che a scuola avevano visto l’immagine di una statua di cinque metri raffigurante un uomo nudo), e sembra in tutto e per tutto quello stereotipo dell’educatore woke di cui a parole si presenta come il più acerrimo nemico.
È per questo che il valzer della destra internazionale sulla cancel culture, che com’era prevedibile ha iniziato a suonare non appena le parole «Michelangelo» e «licenziata» hanno varcato il confine della Florida, in questo caso sono così impareggiabilmente risibili: una scuola di orientamento tradizionalista-conservatore ha allontanato una preside rea di aver permesso che la sua scuola mostrasse agli alunni la scultura più celebre del mondo senza i doverosi (?) trigger warning, cedendo al perbenismo ottuso di pochi folli. Se anche questa è cancel culture woke, allora facciamo prima a dirci cosa non lo è.
Come sempre più spesso accade, queste vicende finiscono in imbuti e amplificatori che le rendono ciò che non sono: stendendo un velo pietoso sugli house organ più conservatori, anche italiani, andrebbe fatto notare anche a Repubblica che non è «per la scuola americana» che il meraviglioso David «è pornografico», ma letteralmente per un singolo genitore scemo di Tallahassee, che forse tutto sommato non merita di orientare la conversazione globale sull’arte, la cultura e la nuova sensibilità.
Tutto a posto a sinistra, quindi? Per quel che posso vedere da qui, non proprio: continuo a ritenere assurdo e nei fatti deleterio che queste storie più e meno irrilevanti, incendiarie e simboliche finiscano amplificate o sottaciute a seconda del mulino a cui sembrano portare acqua.
Perché se certamente la Florida di Ron DeSantis non ha problemi di wokeness o cose simili, la tendenza a rimuovere qualsiasi potenziale problematico è assodata e ravvisabile a ogni livello dell’istruzione nordamericana. A gennaio la vicenda della docente di storia dell’arte del Minnesota mandata a casa per aver mostrato a degli studenti universitari un’immagine religiosa di Maometto (ne abbiamo parlato da queste parti) sembra l’immagine riflessa della vicenda di Michelangelo: tornano le scelte di damage control preventivo, l’ipocrisia strisciante, lo zelante cedimento al conformismo di maniera purché nulla cambi, e persino le filastrocche dei vertici dell’ateneo a giustificare i loro passi falsi.
Stiamo costruendo un mondo non soltanto più polarizzato, ma anche più ostile al ragionamento e al confronto libero e formativo: non so se la risolveremo con una semplice cernita di storielle a cui dedicare la nostra attenzione.
Speriamo piuttosto in un nuovo Rinascimento, di quelli grazie a cui nelle scuole orientate allo studio dei classici una volta si potevano ancora mostrare le statue di uomini nudi.
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