Dunque, non so se hai visto (ora inizio a fare il vago, non sono capace di dare direttamente le cattive notizie) ma ecco insomma, sì, in un giorno qualunque di fine estate è successo, si è verificato, è arrivata l’agenzia: la regina d’Inghilterra è morta. Come? Non sapevi? Ma figurati, sono qui apposta. (Serve ancora un bel coccodrillo? Nel caso, questo di Politico Europe a me è piaciuto molto).
Dopo settant’anni di regno Elisabetta II d’Inghilterra se ne è andata «pacificamente», ha fatto sapere uno scarno comunicato della famiglia reale britannica, ma lo stesso avverbio non si può usare per molti fra coloro che sono rimasti: la sua figura era un collante nazionale per il Regno Unito, ma scontava anche una pesante storia coloniale del fu impero britannico. Per questo e altri motivi, ovviamente non tutti si sono uniti alle coccolose condoglianze dell’orso Paddington.
E sai che c’è? Va bene così. Non mi aspettavo che una figura storica e politica come Queen Elizabeth venisse salutata dal cordoglio unanime di afrodiscendenti, irlandesi e indiani, tra gli altri, e in generale scusa ma non me la sento di – uhm – difendere l’istituzione monarchica, quando abbiamo già un piede nel 2023.
Certo, ci sono state uscite pirotecniche come quella della professoressa di linguistica applicata Uju Anya – oggetto di un opinabile comunicato della sua università, la Carnegie Mellon, per aver augurato una morte fra «dolori strazianti» a Sua Maestà – che paiono più che altro il risultato di una puerile ricerca di attenzione (curioso, in questo senso, come appena un pugno di giorni prima la stessa Anya si fosse distinta per aver definito “da dove vieni?” «una domanda non educata», da evitare a ogni costo). Ma non ci si poteva aspettare che una morte politica non chiamasse reazioni di pancia politiche.
Ragione per cui, tolti i casi limite come quello di Anya, personalmente non mi sono sognato di rompere l’anima alle persone con storie e provenienze diverse che hanno deciso di dare spazio non ai corgi e ai cappellini e a Meghan Markle, ma alla storia del colonialismo e ai suoi effetti di lungo corso sulle società odierne. Questa cortesia (che possiamo chiamare basic human decency) a quanto pare non va per la maggiore, tuttavia.
Aboubakar Soumahoro, sindacalista e attivista di lungo corso, fondatore della Lega Braccianti e della Coalizione internazionale Sans-Papiers, migranti e rifugiati, oltre che candidato alle prossime elezioni con la coalizione Sinistra Italiana-Europa Verde, ha affidato ai suoi profili social un breve messaggio destinato alla scomparsa della monarca. Eccolo:
Nella versione pubblicata su Instagram il testo è appena più lungo, ma la sostanza non cambia: Soumahoro, che è di origine ivoriana, ha offerto «umane condoglianze» (c’è scritto) a una figura storica su cui non ha ritenuto di dilungarsi ulteriormente, con analisi e considerazioni più ampie, e ne ha condiviso un ricordo personale.
Parrebbe tutto in regola, no? Ovviamente no, perché sui social network se lo sono mangiato vivo. Tre quarti dei commenti e le risposte ai suoi post gli danno del «traditore»; gli dicono «sei un venduto»; lo invitano con poche cortesie a cancellare; lo accostano senza apparente timore al personaggio di Samuel L. Jackson in Django, il capo della servitù nera «assoggettato al sistema», pensandosi anche gran progressisti; una ragazza di nome Chiara e con un cognome veneto, su Instagram, gli dice più gentilmente che «in rispetto al popolo africano [...] forse era meglio evitare».
Ma se c’è qualcuno che può esprimersi sul popolo africano quello è anzitutto Aboubakar Soumahoro, che in Africa ha vissuto fino ai 20 anni, e nei 20 successivi ha dedicato interamente la sua esistenza a migliorare le condizioni di vita materiali di migliaia di africani sfruttati in Italia. Come si può anche solo pensare di fargli la predica su ciò che «è giusto» o no dire in un’occasione del genere? Capisco il disaccordo, e sulla storia si possono esprimere tutti, but this?
Vedi, il grosso problema di fondo qui è che mi sembra che gli appartenenti alle minoranze vadano bene solo quando confermano e si adeguano a una narrativa d’area netta e senza sfumature – qui incidentalmente è quella sostenuta da centinaia di utenti bianchissimi, quelli che hanno criticato aspramente le condoglianze di Soumahoro – senza metterci troppo del loro.
Il candidato di Sinistra Italiana potrà anche aver deluso i suoi potenziali elettori, ma le idee politiche a volte possono rivelarsi un piano interamente separato dai sentimenti e dalle emozioni che un evento come la morte della regina d’Inghilterra suscita in una persona. Perché gli esseri umani sono organismi complessi, si contraddicono e raramente aderiscono come un manto a un’etica inflessibile, priva di compromessi e venature.
Ma noi siamo troppo presi dalla foga del giudicare attraverso le lenti di una malintesa purezza per accorgercene: il risultato è che, su quei grandi e orribili esperimenti sociali che chiamiamo social network, oggi si può insegnare l’antirazzismo ad Aboubakar Soumahoro, e non sentirsi nemmeno un pochino coglioni.
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- La polemica più disperatamente scema della settimana: signora mia, la Sirenetta ora è un po’ più scura di prima! Terribile, lo so: ma dove andremo a finire? Qui c’è un bel thread di bimbetti neri commossi dal vedere la principessa Disney più simile a loro (e intanto magari ne approfittiamo per archiviare quell’altra cretinata della cultural appropriation, che dici?);
- Un lungo, verbosissimo e piuttosto incredibile thread su Twitter che dettaglia come una semplice richiesta di intervista inviata da Helen Lewis, nota giornalista dell’Atlantic, alla curatrice Chaédria LaBouvier secondo quest’ultima ha causato harm, violence, sospetti di razzismo e tutto il resto del repertorio;
- I Repubblicani che siedono al Senato americano hanno proposto una legge federale che vieterebbe il ricorso all’aborto dopo la 15esima settimana di gestazione, facendo eccezioni solo in caso di stupri denunciati alle autorità, anche in caso la vittima sia minorenne.
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